Il Parlamento europeo ha sancito il via libera alla direttiva sulle case green. La direttiva EPBD (Energy performance of building) si pone l’obiettivo di ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030, per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050.

Gli edifici presenti sul suolo dell’Unione europea sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra.

Nel complesso si prevede e si vuol mettere in campo un piano di ristrutturazione degli edifici meno performanti energeticamente, l’eliminazione progessiva dei combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040, nonostante lo “stop” agli incentivi previsto a partire dal 2025; per tutti i nuovi edifici, l’obiettivo è quello delle “emissioni zero” a partire dal 2030.

La direttiva, è stata approvata con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti. In base ad essa, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030. Inoltre, i nuovi edifici occupati o di proprietà delle autorità pubbliche dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Nel calcolo delle emissioni, gli Stati membri potranno tenere conto del potenziale impatto sul riscaldamento globale del corso del ciclo di vita di un edificio, inclusi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per realizzarlo.


Per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.
Gli Stati membri dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Se tecnicamente ed economicamente fattibile, i Paesi membri dovranno garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030.

Capitolo decarbonizzazione: gli Stati membri dovranno spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040.
A partire dal 2025, sarà vietata la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore.

Un aspetto importante coinvolge in special modo il nostro paese: la nuova normativa non si applica agli edifici agricoli e agli edifici storici, e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto.

Sono previsti vincoli più “morbidi” rispetto alle richieste iniziali della Commissione Ue.
Per diventare legge, la direttiva dovrà ora essere approvata formalmente anche dal Consiglio dei ministri. Una volta entrata in vigore, gli Stati membri avranno due anni di tempo per adeguarsi presentando a Bruxelles un piano nazionale di ristrutturazione.



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Quando sono causati dall’impresa: le indicazioni legali su chi paga
e come si divide la responsabilità in caso di lavori ordinari.

Durante l’esecuzione dei lavori in condominio possono capitare degli imprevisti: infiltrazioni, guasti o addirittura danni strutturali. Non è sempre facile definire i profili di responsabilità.

Prendiamo un caso esemplificativo: la proprietaria di un immobile ha rilevato dei danni alla propria terrazza, causati dai ponteggi dell’impresa montati in modo sbagliato: chi risponde legalmente e a chi rivolgersi in caso di danneggiamento alle parti di proprietà esclusiva?

Una risposta univoca non c’è, bisogna analizzare caso per caso e valutare i profili di responsabilità di ognuno; c’è da dire però che una sentenza della Corte d’Appello di Bari ha fatto chiarezza sull’argomento: vediamo insieme i dettagli.
Quando si tratta di lavori in condominio, che possono riguardare il Superbonus, l’Ecobonus, il Sismabonus e ogni altro intervento di straordinaria manutenzione, può capitare che qualcosa vada storto.
Un danno al terrazzo di un inquilino (i ponteggi dalla ditta appaltatrice, installati male, lo avevano causato), circostanza confermata sia dalla ditta che dal proprietario dell’immobile, è finito in Corte di Appello; in una fase iniziale era stato impossibile trovare un accordo sull’ammontare del risarcimento, quindi la proprietaria danneggiata aveva deciso di procedere legalmente tramite il tribunale di Foggia. In questa sede i giudici hanno “scagionato” il condominio perché aveva “provveduto a nominare una impresa e un direttore dei lavori astrattamente idonei alla realizzazione delle opere appaltate”.

La Corte d’Appello, in conclusione, ha confermato la sentenza: il condominio non è tenuto a risarcire i danni.


Lavori straordinari, chi risponde dei danni?

Di regola, c’è sempre un contratto di appalto in cui viene pattuita l’autonomia organizzativa della ditta che realizza i lavori straordinari; proprio da questa autonomia deriva la responsabilità dell’impresa. Dato che il condomino sceglie la ditta, ma è quest’ultima a realizzare e gestire i lavori in autonomia, il condominio non può essere chiamato a risarcire eventuali danni. Più precisamente, la Corte di cassazione nella sentenza 20557/2014 chiarisce che, anche se il condominio è tenuto a sorvegliare l’esecuzione dei lavori, il controllo esercitato si limita all’accertamento e alla verifica della corrispondenza dell’opera con l’oggetto del contratto.

Ogni regola ha le sue eccezioni: infatti esistono due casi in cui la responsabilità è del condominio committente e dovrà quindi risarcire i danni.

1) Gli interventi che hanno causato il danno sono stati eseguiti dietro un preciso ordine del condominio committente.

2) Quando la colpa del condomino deriva da una scelta sbagliata, in giurisprudenza viene definita “culpa in eligendo“: ciò si verifica quando l’incarico dei lavori viene affidato ad un’impresa del tutto incompetente. I soggetti danneggiati possono agire contro il condomino per chiedere il danno emergente e l’eventuale lucro cessante. Spetta al danneggiato dimostrare in giudizio che la ditta incaricata era inadatta.



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In Gazzetta Ufficiale del 29 Dicembre è stato pubblicato il DL Superbonus, con diverse novità per gli interessati alle agevolazioni per le proprie abitazioni.

Dal 1 gennaio 2024 il superbonus subirà una ulteriore riduzione dell’aliquota, attualmente al 90% per le spese sostenute fino al 31 dicembre, passando al 70% per certe categorie.

Per effetto di tali modifiche, il Superbonus si applica:

  • nella misura del 110 per cento alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2022:
    • dai condomìni e dalle persone fisiche (al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni) con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche (comma 9, lettera a, dell’articolo 119) e dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale (comma 9, lettera d-bis, dell’articolo 119);
    • la detrazione spetta ai medesimi soggetti nella misura:
      • del 90 per cento per le spese sostenute nell’anno 2023
      • del 70 per cento per quelle sostenute nell’anno 2024,
      • del 65 per cento per quelle sostenute nell’anno 2025.

È prevista una sanatoria per chi non ha completato i lavori entro il 31.12.2023.

Nel dettaglio:

  • Per tutti i cantieri avviati nel rispetto dei termini relativi alla normativa sul “Superbonus 110%”sarà riconosciuto il credito d’imposta per tutti lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023; la detrazione sarà mantenuta anche per chi non ha ultimato i lavori entro il 31.12.23, compreso il caso in cui ciò comporti il mancato conseguimento del miglioramento di due classi energetiche.
  • Per le opere ancora da effettuare, a partire dal 1° gennaio 2024 si confermano le percentuali previste a legislazione vigente.
  • È previsto uno specifico contributo, riservato a chi percepisce un reddito inferiore a 15.000 euro, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024, con lo scopo di tutelare i cittadini con i redditi più bassi e di consentire la conclusione dei cantieri “Superbonus 110%” che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento al 31 dicembre 2023.

Il contributo verrà erogato dall’Agenzia delle Entrate, secondo criteri e modalità determinati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze da adottarsi entro sessanta gg e non concorrerà alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi.

Infine, sarà necessaria un’apposita asseverazione per il rispetto dei requisiti e sarà richiesta la tracciabilità dei pagamenti, da effettuare con il cosiddetto “bonifico parlante”.


Ricordiamo infine che, con il “pensionamento” del vecchio superbonus, ne restano altri da usare per il 2024:

  • l’cobonus, con detrazioni che variano dal 50% al 75% a seconda degli interventi effettuati e dell’immobile coinvolto;
  • bonus ristrutturazioni, la cui agevolazione è pari al 50%.


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L’interesse crescente per l’efficienza energetica e l’attuazione della direttiva europea “case green” sono al centro dell’attenzione nel mercato immobiliare attuale. Infatti, con l’approvazione della Direttiva Europea Case Green, la richiesta di immobili sta crescendo soprattutto sulle classi energetiche superiori.

La domanda di immobili che rispettino standards energetici più elevati (abitazioni a basso consumo energetico) si sta traducendo in una diminuzione delle transazioni su case meno efficienti. Gli investitori che vogliono acquistare immobili a lungo termine considerano questa tendenza un’opportunità, poiché questo tipo di immobili hanno un’impareggiabile possibilità di mantenere inalterato il valore nel tempo.

Un piano graduale di adeguamento degli edifici, con obiettivi specifici per ogni Stato dell’Unione Europea prevede di raggiungere emissioni zero entro il 2050: questo traguardo vede due tappe intermedie: ridurre del 16% il consumo energetico residenziale entro il 2030 e del 22% entro il 2035.

Una maggiore sostenibilità ambientale e la promozione dell’efficienza energetica sono quindi i valori che contribuiranno a questa nuova sfida; nel particolare, il mercato che riguarda direttamente noi de L’Affare è quello del Centro Italia, che in gran parte deve essere considerato “obsoleto”.

Le tematiche ambientali e l’efficienza energetica, attraverso l’introduzione della Direttiva Europea Case Green, ha stimolato un cambio di rotta nel panorama immobiliare, imponendo una forte attenzione verso le abitazioni con alte classi energetiche, cosa che segna un punto di svolta decisivo: adesso gli acquirenti valutano attentamente anche la classe energetica di un immobile, non si limitano solo a considerare la posizione o la metratura. Un comfort abitativo superiore ed un notevole risparmio sulle bollette energetiche sono le caratteristiche che portano il mercato ad una scelta che diventa sia ecologica che economica allo stesso tempo: le persone hanno capito che la scelta di una nuova abitazione ha dirette ripercussioni sulla qualità della vita quotidiana.

Un ambizioso processo di trasformazione del mercato immobiliare è stato provocato dall’introduzione della Direttiva Case Green; tuttavia, la stragrande maggioranza degli edifici presenti nel Centro Italia sono di vecchia costruzione e richiedono ristrutturazioni importanti per raggiungere i nuovi standard energetici. Questo cambiamento del mercato immobiliare diventa quindi sia una sfida che un’opportunità allo stesso tempo; col miglioramento ed il rinnovo dei vecchi edifici, tutto il mercato prenderà valore, ed allo stesso tempo la sostenibilità ambientale diventerà progressivamente una realtà concreta grazie, ad esempio, ad uno dei risultati diretti più importanti: la riduzione delle emissioni di gas serra.


Gli acquirenti considerano adesso come “plus” per l’acquisto
di una casa, una serie di fattori:

–       Materiali da costruzione ecologici
–       Progetti a basso impatto ambientale
–       Tecnologie per la casa intelligente
–       Vicinanza alle aree verdi
–       Accesso ai mezzi pubblici e ai servizi di mobilità sostenibile
–       Si stanno quindi verificando anche situazioni che stanno rallentando il processo:
–       L’offerta di abitazioni nuove non è ancora all’altezza della domanda


I potenziali clienti si stanno inoltre indirizzando verso la scelta di abitazioni già costruite e quindi pronte a rispettare in pieno i nuovi requisiti energetici, piuttosto che fare una scelta indirizzata alla ristrutturazione di immobili già esistenti.

Proprio per questo, le famiglie che comprano un’abitazione tramite mutuo trovano difficile richiedere finanziamenti anche per la ristrutturazione, preferendo così investire di più in un immobile più recente. Questa scelta permette coprire l’intero costo dell’acquisto, compresi eventuali interventi di miglioramento energetico, con un unico mutuo. Questa tendenza mostra non solo la crescente consapevolezza energetica degli acquirenti, ma ci dice anche che l’accesso al credito influenza fortemente le decisioni di acquisto nel mercato attuale.


Possiamo quindi trarre due conclusioni:


Le case pronte all’uso e ad alta efficienza energetica sono più desiderate dagli acquirenti di oggi,
in quanto vi è un risparmio futuro nella gestione e i mutui sono a tassi più vantaggiosi.


La sostenibilità e l’efficienza energetica stanno sempre di più trasformando
la domanda, modificando il mercato e ponendosi come elementi di scelta sempre più rilevanti.



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È importante definire innanzitutto come si diventa eredi di un bene, nel nostro caso di un immobile: il documento di cui dobbiamo essere provvisti, perché attraverso di esso si determina e sancisce il passaggio di proprietà dell’immobile, è la dichiarazione di successione. Questa deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate entro un anno dalla morte del “de cuius” (locuzione della lingua latina che individua la persona defunta dalla quale si eredita).
Con questa dichiarazione, l’erede diventa agli effetti di legge proprietario dei beni che costituiscono l’eredità.
Ottenere un bene immobile in eredità prevede il pagamento di tasse e imposte: ma quali e quante sono le tasse da pagare su una casa ereditata? Prendiamo quindi in esame le imposte di successione e le agevolazioni fiscali per il passaggio di proprietà dell’immobile.


È obbligatorio presentare, tramite il commercialista o il Caf, la dichiarazione di successione in via telematica, od anche autonomamente tramite il software gestionale on line gratuito sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nei seguenti casi:

  • Non si rinuncia all’eredità
  • Se l’attivo ereditario (senza immobili) supera i 100.000€
  • Se l’eredità comprende beni immobili

La tassa di successione

Il grado di parentela fra il titolare e il beneficiario dell’eredità ed il valore dell’immobile sono le variabili che determinano il valore dell’imposta di successione.

Andando nello specifico, possiamo così stabilire:

  • Quando ad ereditare sono il coniuge oppure figli, genitori o nipoti, l’imposta viene calcolata in base a un’aliquota del 4% sul valore catastale della casa. È prevista una franchigia di 1.000.000€. Ciò vuol dire che va pagata solo se il valore dell’immobile è superiore al milione di euro e solo per la parte eccedente. Ad esempio, un figlio eredita una casa del valore di 900.000€: non dovrà pagare l’imposta di successione. Se invece eredita un’abitazione che vale 1.300.000€ la tassa si pagherà solo sulla somma di 300.000€.
  • Quando gli eredi sono fratelli o sorelle, l’imposta di successione è pari al 6% ed è comunque prevista una franchigia fino a 100.000€.
  • Quando gli eredi sono altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, affini in linea collaterale fino al terzo grado, l’aliquota è sempre del 6% e non è prevista franchigia.
  • In tutti gli altri casi l’aliquota è dell’8% del valore catastale dell’immobile e non sono previste franchigie.
  • Se ad ereditare è una persona disabile, l’aliquota viene calcolata comunque in base al grado di parentela ed è prevista una franchigia fissata a 1.500.000€.

Imposta ipotecaria e catastale successione

In caso si erediti una casa quindi, bisogna pagare poi anche l’imposta ipotecaria e catastale.
La prima va versata per la trascrizione presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate – Territorio: l’importo si ottiene applicando al valore delle quote degli immobili l’aliquota del 2% .
La seconda è dovuta per un importo che si ottiene applicando al valore delle quote degli immobili l’aliquota dell’1%.

Dobbiamo inoltre tenere in considerazione le agevolazioni fiscali sulla prima casa, che possono essere sfruttate se:

  • La casa non è di lusso (non rientra nelle categorie catastali A/1 – A8 – A9);
  • L’erede non ha un altro immobile idoneo ad abitazione nello stesso Comune;
  • L’erede non ha un altro immobile acquistato con la stessa agevolazione in altro Comune;
  • L’erede, se non ha già la residenza nel Comune dove si trova la casa ereditata, si obbliga a  trasferirla entro 18 mesi dall’apertura della successione.

Se sussistono queste condizioni, l’imposta di registro e l’imposta ipotecaria sono dovute in misura fissa e sono pari a 200 euro ciascuna.



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Ritrova il tuo tempo

Trovare pace e relax, a meno che non si amino i ritmi delle grandi città, dedicarsi a lunghe passeggiate nel verde; spazi ampi in cui respirare aria più pura e dedicarsi a passatempi ed attività all’aperto: vivere in campagna offre la concreta opportunità di trasformare tutte queste sensazioni in realtà quotidiane.

Dall’altro lato, la logistica può risultare più complessa, ma chi ama stare alla larga dai caotici contesti urbani, sa anche come ben organizzarsi per recarvisi all’occorrenza.

L’umidità è tendenzialmente più bassa rispetto alla città ed è più facile riscaldare gli ambienti, sfruttando scelte decisamente sostenibili rispetto al riscaldamento tradizionale o elettrico: spesso le case di campagna hanno già un caminetto o comunque una o più canne fumarie, che consentono di installare facilmente una stufa. Le caldaie a biomassa (legna o pellet) risultano per di più un’ottima soluzione.


Nel cuore della verde Valdera

L’Agenzia l’Affare è molto radicata e ben conosciuta in Valdera da oltre 40 anni: viviamo quotidianamente questo territorio e lo conosciamo profondamente, potendoti guidare in una scelta decisamente ampia.
La frazione di Santo Pietro Belvedere, è una perla che si distingue anche per numerosi servizi, come il moderno Mini Hospital ed il qualificato Polo Scolastico; a poca distanza troviamo paesi caratteristici come Peccioli che dall’alto della sua collina domina la Valle dell’Era, Terricciola con il suo antico borgo di origini etrusche, i suoi splendidi vigneti e le sue numerose cantine, Palaia  punto di partenza per escursioni paesaggistiche di grande bellezza, come la strada che attraversa i borghi di Colleoli ,Villa Saletta (dove sono stati girati i film “La Notte di San Lorenzo” e Fiorile dei fratelli Taviani e “Io e Napoleone” di Paolo Virzì) e Toiano, ma anche  area di raccolta del tartufo bianco; Lajatico e i suoi luoghi magici, fatti di dolci colline e panorami incantevoli,  patria del famoso Teatro del Silenzio, fortemente voluto da Andrea Bocelli, costruito nel 2006 e in poco tempo diventato una delle location all’aperto più prestigiose d’Italia.

Il paesaggio dell’Alta Valdera, vario ed unico, permette di ammirare scorci suggestivi, colori e panorami dove è possibile meravigliarsi ogni volta tra colline, vigneti, borghi medioevali e castelli.

 


Una scelta di vita, un ottimo affare

Chi è il pubblico a cui ci rivolgiamo? Abbiamo tantissime soluzioni perfette per accogliere giovani coppie, famiglie con figli, anziani, ma anche liberi professionisti che sognano di cambiare vita e separarsi dallo stress cittadino. È una scelta fatta soprattutto da famiglie con bambini ma anche da persone che vogliono riequilibrare i propri ritmi, riprendere in mano il proprio tempo e migliorare la qualità di vita, cerca di un cambiamento capace di favorire la salute psicofisica.

 



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Perché il 2024 sarà l’anno dei mutui a tasso fisso? La presidente della BCE, Christine Lagarde, ha annunciato che le prospettive per il costo del denaro sono in ribasso. Rispetto a poco più di un anno fa, quando i tassi fissi hanno raggiunto il massimo (parliamo di Ottobre 2023) la discesa rispetto al massimo di ottobre 2023 è evidente: anche i tassi variabili sono in lieve calo ed in prospettiva destinati a scendere.
È naturale quindi domandarsi se, nell’attuale situazione di mercato dei mutui, sia il caso di pensare a una surroga dei finanziamenti in corso. Il motivo sostanziale per cambiare è la ricerca di un tasso minore di quello che si paga con un finanziamento in corso. Tramite la surroga, ricordiamo, è consentito il passaggio ad un’altra banca, senza spese di istruttoria e notarili; la durata e la tipologia di ammortamento del nuovo mutuo (è possibile anche passare da fisso a variabile e viceversa) sono quindi diversi da quello che viene abbandonato. L’unico obbligo riguarda la cifra mutuata, che non può essere maggior del debito restante del vecchio mutuo.

È arrivato veramente il momento di chiedere una surroga del mutuo? Non c’è una risposta certa al 100%, ma bisogna valutare, di caso in caso, tenendo conto di una serie di fattori.


Noi de L’Affare, ne abbiamo individuati sostanzialmente quattro:

1) Prima di tutto va seguita la procedura di richiesta della surroga in banca.

2) Con l’Euribor (l’indice di riferimento dei mutui a tasso variabile) intorno al 4%, è ragionevole surrogare a tasso fisso piuttosto che far ricadere la scelta sul variabile.

3) L’Eurirs (l’indice di riferimento dei mutui a tasso fisso) è molto volatile: è un indice che va tenuto costantemente sotto controllo in questa specifica casistica.

4) Vista la previsione di un ribasso anche per i mutui a tasso variabile, bisogna considerare se la surroga può essere la scelta migliore in questa situazione: anche se i tassi rimanessero stabili, il mutuo avrebbe un andamento decrescente della rata, considerando inoltre che le previsioni sono per una decisa discesa dei tassi nel primo semestre 2024.


La surroga è quindi vantaggiosa?

Valutare una surroga da fisso a fisso è semplice, consistendo in un confronto fra la rata attuale con quella del nuovo mutuo (avendo però la certezza del valore del tasso). La surroga richiede però l’apertura di un nuovo conto corrente presso un altro istituto bancario; quindi, bisogna ben tenere presenti i costi del conto, che potrebbero essere superiori a quelli della precedente banca mutuaria. In questo caso c’è il rischio reale che il risparmio potrebbe rivelarsi nullo e quindi è bene prendere in considerazione di rimanere con l’istituto bancario attuale.



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La locazione a canone concordato è una tipologia contrattuale in uso nel mercato immobiliare italiano. Questa tipologia presenta dei “pro” e dei “contro” per conduttori e locatori. La Legge n. 431/199I regola i contratti di locazione a canone concordato.

I requisiti generali che un contratto di locazione deve rispettare per potersi considerare a canone concordato sono essenzialmente due:


1) Chi affitta non può liberamente scegliere il canone da richiedere: la determinazione dello stesso dovrà avvenire tenendo conto di valori specifici, parametri che tengono conto delle caratteristiche oggettive dell’immobile, parametri fissati da accordi sottoscritti dalle più rappresentative associazioni di categoria di proprietari e inquilini

2) La durata del contratto deve necessariamente essere minimo di 3 anni, prorogabili di ulteriori 2 anni obbligatoriamente salvo determinate necessità del proprietario; la rinuncia alla proroga del contratto deve essere fatta tramite lettera raccomandata almeno 6 mesi prima rispetto alla data di scadenza dello stesso.


Quali sono i principali vantaggi di questo tipo di locazione? Parliamo soprattutto di agevolazioni fiscali.

Si può ottenere una riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta municipale propria sugli immobili locati (IMU). Inoltre, optando per la cedolare secca, il contratto non è soggetto al pagamento dell’imposta di registro del 2% sul canone annuo.

Tassazione applicata al 10 per cento e non al 21 per cento: qualora il locatore opti per il regime della cedolare secca e l’immobile sia situato in un comune ad alta densità abitativa o sia locato a studenti universitari, l’imposta IRPEF è al 10%.


I vantaggi per i proprietari:

  • Durata del contratto ridotta 3 anni + 2 anni (invece che 4 anni + 4 anni)
  • Possibilità di fare contratti transitori fino ad un massimo di 18 mesi (non possibile per i contratti ordinari)
  • IMU agevolata rispetto l’aliquota ordinaria di ogni singolo Comune

I vantaggi per gli inquilini:

  • canone a prezzo inferiore rispetto a quello di mercato,
  • nessun aumento del canone d’affitto in futuro per gli adeguamenti ISTAT al costo della vita.

Quali sono invece i limiti del canone concordato?

  • I contratti di locazione devono essere stipulati obbligatoriamente seguendo il contratto standard predisposto sulla base delle direttive della legge nazionale e concordato con le associazioni di categoria (inquilini e proprietari) maggiormente rappresentative;
  • Il contratto deve essere asseverato da una delle associazioni firmatarie dell’accordo per verificarne la regolarità;
  • L’appartamento non può essere subaffittato;

     

In conclusione: non è così scontato che questa tipologia contrattuale sia da preferirsi, nonostante le agevolazioni sulle tasse, soprattutto a causa delle limitazioni sul valore economico del canone, della durata del contratto (inferiore rispetto a quella a canone libero) e le possibili restrizioni.

Per una giusta valutazione di convenienza è consigliato rivolgersi ad un agente immobiliare esperto del settore!



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Quando si decide di affittare un immobile di proprietà, per trasferirsi in un’altra abitazione, una delle domande più frequenti è come ci si comporta al riguardo della residenza.  Vediamo insieme i potenziali dubbi e le relative risposte.

Posso affittare un immobile e mantenerci la residenza?

No: non si può affittare un appartamento e mantenervi la residenza: l’art. 43 codice civile riporta che “la residenza deve corrispondere al luogo in cui si dimora abitualmente.”

È chiaro che come abitazione principale non si può quindi utilizzare una casa data in affitto; inoltre, ogni cambio di residenza deve essere comunicato al Comune entro 20 giorni dall’avvenimento, non solo per ragioni di reperibilità ma anche per ciò che diritti e doveri connessi: imposte comunali, benefici fiscali per l’acquisto della prima casa etc.

Il locatore è l’unico soggetto legittimo ad avere la residenza all’interno dell’abitazione per tutta la durata del contratto di locazione. Ogni mancanza da parte del locatore nel comunicare una diversa residenza sarà soggetta alla casistica sanzionatoria del caso.


Se affitto casa e non cambio residenza cosa succede?

Il rischio principale è la cancellazione dall’anagrafe per irreperibilità, procedura che avviene su segnalazione; è obbligatorio comunicare al Comune il nuovo alloggio quando si cambia abitazione principale. Dichiarare al Comune di risiedere in un’abitazione senza che ciò coincida col vero, determina un reato di falso in atto pubblico; di solito, chi mantiene la dimora nella vecchia abitazione lo fa per motivi fiscali o per leggerezza e mancanza di attenzione. L’amministrazione comunale, in caso di verifica, può chiedere il pagamento dell’IMU e della TASI, con le relative sanzioni per gli ultimi 5 anni.


Si può affittare una stanza e mantenere la residenza?

Sì, se si desidera affittare anche solo una o più stanze dell’immobile pur continuando a viverci, la situazione si presenta ben diversa: l’affitto di una parte dell’abitazione, infatti, permette che la residenza possa essere mantenuta presso lo stesso indirizzo, a condizione però che il proprietario utilizzi l’immobile come abitazione principale.
Evidenziamo infine che non esiste una soluzione contrattuale predefinita per la locazione di parte dell’immobile; il proprietario può accordarsi con l’inquilino in base alle necessità e scegliere tra contratto a canone libero, a canone concordato, oppure transitorio secondo quanto stabilito dalla legge 431/98, che regola la locazione di unità intere.


Se prendo una casa in affitto, ho l’obbligo di cambiare residenza?

No, a condizione che l’abitazione presa in locazione non sia l’unico immobile disponibile ed in cui si abita regolarmente, qualunque sia il contratto che si sottoscrive, non è obbligatorio cambiare la residenza,


È obbligatorio il consenso del proprietario per cambiare residenza?

No: il proprietario non può impedire all’inquilino di trasferire la propria residenza, quando concede in affitto un immobile a uso abitativo.


Se il precedente inquilino non sposta la residenza, cosa si deve fare?

Il precedente inquilino è nel torto, per la legge: chi lascia un appartamento ha l’obbligo di spostare la residenza nella nuova abitazione. Se l’ex inquilino non la sposta, nemmeno su sollecito del proprietario, sarà lo stesso proprietario a comunicare per iscritto all’ufficio anagrafe del Comune la situazione, specificando tutti i fatti, compresa l’eventuale nuova dimora dell’inquilino. Il Comune inizierà le verifiche: una volta accertata la situazione, provvederà alla cancellazione anagrafica.



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Chi possiede una seconda casa per molti motivi può decidere di farne una rendita: affittandola o stabilendo di venderla. In questo secondo caso, riuscire a farlo in poco tempo non è così semplice: per questo il Gruppo L’Affare, agenzia immobiliare in Toscana dal 1981, vuole guidarti lungo questo percorso offrendo tutte le informazioni necessarie su come vendere una seconda casa: dalle strategie per una vendita più veloce possibile, alle tasse da versare (e chi le paga…) e le attività da svolgere a compravendita conclusa.


Vendita di una seconda casa: primi passi

Sembra scontato e banale, ma non lo è: bisogna essere sicuri prima di tutto di avere i documenti in regola in caso recuperare quelli che non si trovano.

Prima di tutto suggeriamo, per dare il massimo valore all’immobile, effettuare lavori per sistemare problemi e inestetismi che potrebbero far indugiare gli acquirenti.
In seconda istanza, un servizio fotografico di alta qualità, che valorizzi senza trasformare l’immobile, è un passaggio oggigiorno obbligatorio per proporre immagini accattivanti da pubblicare nell’annuncio.

Adesso puoi farti un’idea del valore del bene attraverso una valutazione dei professionisti del Gruppo L’Affare.

La casa è pronta per la vendita con una quotazione base: passiamo alle tasse per il passaggio di proprietà.


Quali sono le tasse per chi vende una seconda casa

Prima di tutto che l’articolo 1475 del codice civile stabilisce che imposte, spese e oneri notarili per i contratti di vendita sono sempre a carico di chi acquista.
Per la persona che cede è previsto un contributo solo per il possibile guadagno derivato dalla compravendita. Infatti le imposte sulle cessioni immobiliari includono due diverse ipotesi per tassare l’eventuale plusvalenza generata dalla trattativa – vale a dire l’aumento di valore rispetto al prezzo di acquisto. L’elemento che fa la differenza è il tempo.

Caso particolare: se la casa è stata ereditata, si dovrà pagare l’imposta catastale o quella ipotecaria oltre alle spese accessorie, come imposta di bollo e diritti di segreteria.

Tasse da pagare per chi vende una casa ereditata o comprata meno di 5 anni fa

Se sono trascorsi meno di 5 anni dall’acquisto o dal passaggio di proprietà dovuto a eredità, verrà chiesto di pagare le tasse sull’aumento di valore derivante dalla trattativa, la plusvalenza. Esempio: se hai acquistato un immobile a 100.000€ e dopo un anno lo rivendi a 120.000€, le imposte riguardano i 20.000€ di plusvalenza tra un contratto e l’altro.

Ci sono due scelte per pagare: far rientrare questo guadagno nella dichiarazione dei redditi e calcolare l’ammontare in base all‘aliquota IRPEF corrispondente al livello di reddito; scegliere l’imposta sostitutiva fissa del 26%. In linea generale, la maggior parte delle persone ritiene più conveniente l’imposta sostitutiva per ridurre il carico fiscale.

Tasse da pagare per chi vende una casa ereditata o comprata più di 5 anni fa

In questo caso non sono previsti pagamenti IRPEF sull’eventuale aumento di valore. Gli immobili ricevuti in eredità prevedono comunque l’imposta di successione, in base alle tabelle stabilite secondo il grado di parentela con la persona defunta.

Gli obblighi successivi alla vendita di una seconda casa

L’ex proprietario ha in carico alcuni obblighi di comunicazione:

1) Se l’appartamento era in un condominio, è obbligatorio comunicare all’amministratore la vendita, per tutti gli adeguamenti relativi alle notifiche interne e alle spese condominiali.

2) Comunicazione al Comune del cambio di intestazione per la riassegnazione di tutte le tasse collegate all’abitazione.

3) Comunicazione alla questura (o ai vigili urbani) con una nota rilasciata dal notaio dopo il rogito, nei casi previsti, ovvero per cessione immobile a soggetti stranieri.

4) La disdetta o voltura delle utenze domestiche.

In conclusione, espletate queste pratiche amministrative obbligatorie, sono terminati anche gli obblighi.

Il passaggio più complicato è trovare il miglior acquirente in base alla valutazione dell’immobile.

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